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favola seconda 77

Pensava adunque e ripensava il giovane qual via in vendicarsi tener dovesse, e, non sovenendogli alcuna, molto fra se stesso si ramaricava. Avenne, dopo molto spazio di tempo, che il giovane s’imaginò di far cosa per la quale al suo desiderio agevolmente sodisfar potesse; e, sí come gli venne nell’animo, cosí la fortuna fulli favorevole.

Aveva Filenio in Bologna a pigione uno bellissimo palagio, il quale era ornato d’un’ampia sala e di polite camere. Egli determinò di far una superba e onorata festa, e invitare molte donne, tra quali vi fussero ancora Emerenziana, Pantemia e Simforosia. Fatto l’invito e accettato, e venuto il giorno dell’onorevol festa, tutta tre le donne, poco savie, senza pensar piú oltre, se n’andarono. Essendo l’ora di rinfrescar le donne con recenti vini e preziosi confetti, l’astuto giovane prese le tre innamorate per mano, e con molta piacevolezza le menò in una camera, pregandole che si rinfrescasseno alquanto. Venute adunque le pazze e sciocche tre donne in camera, il giovane chiuse l’uscio della camera, e, andatosene a loro, disse: — Ora, malvagie femine, è venuto il tempo che io mi vendicherò di voi e farovvi portare la pena dell’ingiuria fattami per lo mio grande amore. — Le donne, udendo queste parole, rimasero piú morte che vive, e cominciorono ramaricarsi molto d’aver altrui offeso; e, appresso questo, maladicevano loro medesime che troppo si avevano fidate in colui che odiare dovevano. Il scolare con turbato e minaccevole viso comandò che, per quanto caro avevano la vita loro, tutta tre ignude si spogliassino. Il che intendendo, le ghiottoncelle si guatarono l’una con l’altra, e dirottamente cominciorono a piangere: pregandolo, non giá per loro amore, ma per sua cortesia e innata umanitá, l’onor suo riservato le fusse. Il giovane, che dentro di sè tutto godeva, in ciò le fu molto cortese: non volse però che nel suo conspetto vestite rimanessero. Le donne, gittatesi a’ piedi del scolare, con pietose lagrime umilmente lo pregorono licenziare le dovesse, e che di sí grave scorno non fusse cagione. Ma egli, che giá fatto aveva di diamante il cuore, disse questo non essere di biasmo ma di