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favola prima 17

il lui padre e la divisione de’ beni, con molta prestezza corse alla madre, e dissele: — O madre, non sarebbe meglio che io sospendessi il padre mio, e che io guadagnassi il terzo de’ suoi beni, che alcun’altra strana persona? — A cui rispose la madre: — Veramente, figliuolo mio, tu hai ben discorso; perciò che, facendolo, la facultá di tuo padre rimarrá integralmente a noi. — E senza mettergli intervallo di tempo, il figliuolo se ne andò al Marchese e chieseli grazia di sospendere il padre, acciò che della terza parte de’ suoi beni, come carnefice, successore rimanesse. La dimanda a Postumio dal Marchese fu graziosamente concessa. Aveva Salardo pregato Fransoe, suo fedel amico, a cui aperto aveva lo suo secreto, che, quando la famiglia del Marchese lo conducesse per darli la morte, che egli fusse presto ad andare al Marchese, pregandolo Salardo li fusse menato dinanzi, e, prima che fusse giustiziato, benignamente lo ascoltasse. Ed egli, sí come imposto li fu, cosí fece. Dimorando l’infelice Salardo co’ ceppi a’ piedi nella dura prigione, ed aspettando di ora in ora di esser condotto al patibolo della ignominiosa morte, tra sè duramente piangendo a dire incominciò: — Ora conosco e chiaramente comprendo il mio vecchio padre con la sua lunga isperienza aver provisto alla salute mia. Egli prudente e savio mi diede il consiglio, ed io ribaldo e insensato lo sprezzai. Egli per salvarmi mi comandò che io fuggessi questi miei domestici nemici; ed io, acciò mi uccidessino e poi di mia morte ne godessino, mi li sono dato in preda. Egli, conoscendo la natura de’ prencipi che in un’ora amano e disamano, essaltano ed abbassano, mi confortò stare da quelli lontano; ed io, per perdere la robba, l’onore e la vita, incautamente li ricercai. Oh Dio volessi che io mai ispermentata non avessi l’infida mia moglie! Salardo, quanto meglio ti sarebbe, se sequitato avesti la paterna traccia, lasciando a’ lusinghieri ed agli adulatori il corteggiare i prencipi e signori! Ora io veggio a che condotto mi ha il troppo fidarmi di me stesso, di mia moglie e del scelerato figliuolo, e sopra tutto il troppo credere all’ingrato Marchese. Ora sono