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favola seconda 223

barattata abbiamo, la quale senza misura alcuna danari ci rende. — Il che la vicina intendendo, nell’animo fieramente si turbò; e tanta invidia le crebbe, che di furargliela al tutto determinò. E ritornata a casa, raccontò al marito come le due sorelle avevano una poavola, che dí e notte le dava molto oro ed argento, e che al tutto di involargliela determinato aveva. E quantunque il marito si facesse beffe delle parole della moglie, pure ella seppe tanto dire, ch’egli le credette. Ma dissele: — E come farai tu a involargliela? — A cui la moglie rispose: — Tu fingerai una sera d’esser ebbriaco e prenderai la tua spada, e correrammi dietro per uccidermi percotendo la spada nelle mura: ed io, fingendo d’aver di ciò paura, fuggirò su la strada: ed elle, che sono compassionevoli molto, mi apriranno: ed io chiuderommi dentro la loro casa, e resterò presso loro quella notte, ed io opererò quanto che io potrò. — Venuta adunque la sequente sera, il marito della buona femina prese la sua arrugginita spada, e percotendo quando in questo muro quando in quell’altro, corse dietro alla moglie: la quale, piangendo e gridando ad alta voce, fuggí fuor di casa. Il che udendo, le due sorelle corsero alle finestre per intender quello che era avenuto, e cognobbero la voce della loro vicina, la quale molto forte gridava; e le due sorelle, abbandonate le finestre, scesero giú a l’uscio: ed apertolo, la tirorono in casa. E la buona femina, dimandata da loro per che cagione il marito cosí irato la seguiva, le rispose: — Egli è venuto a casa sí imbalordito dal vino, che non sa ciò che si faccia; e perchè io lo riprendeva di queste sue ebbrezze, egli prese la spada, e corsemi dietro per uccidermi. Ma io, piú gagliarda di lui, ho voluto fuggire per minor scandalo, e sonomi quí venuta. — Disse e l’una e l’altra sorella: — Voi, madre mia, avete fatto bene; e starete questa notte con esse noi, acciò non incorriate in alcuno pericolo della vita: e in questo mezzo il marito vostro padirá l’ebbrezza sua. — Ed apparecchiata la cena, cenarono insieme; e poscia unsero la poavola, e se n’andorono a riposare.

Venuta l’ora che la poavola di cacare bisogno aveva, disse: — Mamma, caca! — E Adamantina, secondo l’usanza, le