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216 notte quinta

cominciarono il piú crudo duello che mai fusse veduto al mondo. Imperciochè parevano duo scatenati leoni, e per la bocca gettavano la schiuma a guisa di setosi cinghiali da rabiosi cani cacciati; e dopo che ebbero valorosamente combattuto, finalmente il fatato destriere tirò un paio di calci al salvatico cavallo, e giunselo in una massella, e quella dal luogo gli mosse. Il perchè perdè la scrima di poter piú guerreggiare nè piú difendersi. Il che vedendo, Guerrino tutto allegro rimase; e sceso giú della querce, prese un capestro, che seco recato aveva, e legollo, ed alla cittá cosí smassellato il condusse, e con grandissima allegrezza di tutto il popolo, sí come promesso aveva, al re lo presentò. Il re con tutta la cittá fece gran festa e trionfo. Ma a’ duo serventi crebbe doglia maggiore; perciò che non era empito il malvagio proponimento suo. Laonde d’ira e di sdegno accesi, da capo fecero intendere a Zifroi re, come Guerrino con agevolezza ucciderebbe anche la cavalla, quando gli fusse a grado. Il che inteso dal re, egli fece quello istesso che del cavallo fatto aveva. E perciò che Guerrino ricusava di far tale impresa, che veramente pesava, il re il minacciò di farlo suspendere con un piede in su, come rubello della sua corona. E ritornato Guerrino all’ostello, raccontò il tutto al suo compagno; il quale sorridendo disse: — Fratello, non ti paventare, ma va, e trova il maestro da cavalli, ed ordinali quattro altri ferri altrettanto maggiori de’ primi, che siano ben ramponati e pungenti, e farai quel medesimo che del cavallo fatto hai, e con maggior onore del primo adietro tornerai. — Ordinati adunque i pungenti ferri, e ferrato il forte fatato destriere, all’onorata impresa se ne gí. Giunto che fu Guerrino al luogo dove era la cavalla, e sentitala nitrire, fece tanto, quanto per l’adietro fatto aveva; e lasciato il fatato cavallo in libertá, la cavalla se gli fè all’incontro, e lo salí d’un terribile e paventoso morso: e fu di tal maniera, che il fatato cavallo appena si potè difendere. Ma pur sí vigorosamente si portò, che la cavalla finalmente de un calcio percossa, della gamba destra zoppa rimase. E Guerrino, disceso de l’alta arbore, presela e strettamente