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210 notte quinta

incolpate veruno dell’aperta prigione, perciò che, s’alcuno merita punizione alcuna, io sono quello che debbo patire, perchè io sono stato l’apertore. — La reina, ciò udendo, molto maggiormente se ne dolse, temendo che’l re, venendo dalla caccia, il figliuolo per sdegno non uccidesse; perciò che le chiavi a lei quanto la persona propria raccomandate aveva. Laonde la reina, credendo schifare uno picciolo errore, in un altro assai maggiore incorse; perciò che, senza metter indugio alcuno, chiamò duo suoi fedelissimi serventi ed il figliuolo: e dategli infinite gioie, e danari assai, e cavalli bellissimi, il mandò alla buona ventura, pregando cordialissimamente li serventi che il suo figliuolo raccomandato gli fusse. Appena che’l figliuolo era dalla madre partito, che il re dalla caccia al palazzo aggiunse; e sceso giú del cavallo, subito se n’andò alla prigione per vedere l’uomo salvatico: e trovatala aperta, e veduto che egli era fuggito, s’accese di tanto furore, che nell’animo suo al tutto propose di uccidere colui che di cotal errore era stato cagione. E andatosene alla reina, che in camera mesta si stava, l’addimandò, chi era stato colui sí sfacciato, sí arrogante e sí temerario, che gli abbia bastato il cuore d’aprir la prigione e dar causa che l’uomo salvatico fuggisse. La reina con tremante e debole voce rispose: — Non vi turbate, o re, che Guerrino, com’egli confessato mi ha, di ciò n’è stato cagione; — e gli raccontò tanto, quanto per Guerrino narrato le fu. Il che il re intendendo, molto si risentí. Poscia la reina soggiunse che per timore ch’egli non uccidesse il figliuolo, in lontane parti mandato l’aveva e che era accompagnato da duo fidelissimi serventi carichi di gioie e di danari assai per le loro bisogna. Al re, intendendo questo, doglia sopra doglia crebbe, e nulla quasi mancò, che non cadesse in terra e non venisse pazzo; e se non fussero stati i corteggiani che lo ritennero, agevolmente alla dolorata moglie in quel punto la morte data arrebbe. Ritornato il povero re alquanto in sè, e posto giú ogni sfrenato furore, disse alla reina: — O donna, che pensiero è stato il vostro in mandare in luoghi non conosciuti il commune figliuolo? Credevate voi forse che io facessi