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206 notte quinta

damigelle, presa prima buona licenza dalla signora, la presente canzone soavemente cantorono.

     Quando amor, donna, ad ora ad ora muove
vostro leggiadro e nobile sembiante
e quelle luci sante
ne’ quai mia vita e la mia morte prendo,
     Da quelle viste mansuete e nuove
giungemi al cuor un sí vago pensiero,
ch’or mansueto or fiero
con la speranza e van desir contendo,
e cosí dolcemente all’or m’incendo
d’una speme sí ferma e sí sicura,
che piú null’altra cura
mi può dall’uso mio far cangiar stato.
Onde ringrazio il dí, natura e il cielo,
che per mio divin fato
fui preso e impiuto d’un sí dolce zelo.

Dapoi che le tre donzelle posero fine all’amorosa canzone che per sospiri da presso l’aere rompea, la signora fece cenno ad Eritrea, a cui per sorte aveva toccato il primo luogo della presente notte, che a favoleggiare desse incominciamento. La quale, vedendo di non potersi iscusare, per non turbare il giá principiato ordine, messa da canto ogni perturbazione d’animo, cosí a dire incominciò: