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favola terza 185

esso lui. La madre del re, udendo tai parole, si trovò in maggior travaglio che prima, dubitando forte che scoperta non fusse. E cosí dogliosa ed affannata, mandò per la comare, e dissele: — Io mi credevo, comare mia, che i fanciulli oggimai fussero spenti e che di loro non si sentisse novella alcuna; ma ei vivono, e noi ci stiamo in pericolo di morte. Provedete adunque a i casi nostri, altrimenti noi tutte periremo. — Rispose la comare: — Alta madama, state di buon animo, e non vi perturbate; perch’io farò sí, che di me voi vi loderete, e di loro novella alcuna piú non sentirete. — E tutta indignata e di furor piena, si partí, ed andossene alla fanciulla; e datole il buon giorno, l’addimandò se ’l pomo che canta avuto aveva. A cui rispose la fanciulla che sí. Allora l’astuta e sagace comare disse: — Pensa, figliuola mia, di non aver cosa veruna, se non hai anche una cosa vie piú bella e piú leggiadra che le due prime. — E che è cotesta cosa, madre mia, cosí leggiadra e bella, che voi mi dite? —- disse la giovane. A cui la vecchia rispose:— L’ugel bel verde, figliuola mia; il quale dí e notte ragiona, e dice cose maravigliose. Se tu lo avesti in tua balía, felice e beata ti potresti chiamare. — E dette queste parole, si partí. Non furono sí tosto i fratelli a casa venuti, che Serena gli affrontò, e pregolli che una sol grazia non le negassino. Ed addimandatala che grazia era quella che ella voleva, rispose: — L’ugel bel verde. — Fluvio, il quale era stato al contrasto della velenosa fiera e che di tal pericolo si ricordava, a pieno le ricusava di voler andare. Ma Acquirino, quantunque piú volte ancora egli ricusato gli avesse, pur finalmente mosso dalla fraternevole pietá e dalle abondevoli e calde lagrime che Serena spargeva, unitamente deliberorono di contentarla; e montati a cavallo, piú giornate cavalcarono, e finalmente giunsero ad un fiorito e verdeggiante prato: in mezzo del quale era un’altissima e ben fronzuta arbore, circondata da varie figure marmoree che vive parevano: ed ivi appresso scorreva un ruscelletto che tutto il prato rigava. E sopra di questo albero l’ugel bel verde saltando di ramo in ramo si trastullava, proferendo parole che non umane, ma divine parevano. Smontati