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favola seconda 175

non incorresse ne i lacci della ignominiosa morte, incontanente da persona astuta e che desiderava camparle la morte, depose le sue vestimenta, e certi stracci da pazzo si mise indosso; e senza che d’alcuno fusse veduto, uscí di casa, ed al palagio come pazzo, se ne corse, facendo di continovo le maggior pazzie del mondo. Mentre che la sbirraglia del podestá menava la giovane al palagio, concorse tutta la cittá a vedere come la cosa riusciva; ed il pazzo, spingendo or questo or quello, si fece tanto innanzi, che puose le braccia al collo alla disconsolata donna, ed un saporoso bascio le diede: ed ella, che aveva le mani dietro avinte, dal bascio non si puote difendere. Giunta adunque che fu la giovane innanzi al giudizio, le disse il podestá: — Filenia, come tu vedi, qui è messer Erminione tuo marito, e duolsi di te, che abbi commesso l’adulterio, e perciò addimanda ch’io secondo lo statuto ti punisca; e però tu giurerai se il peccato che ti oppone il tuo marito, è vero. La giovane, che astuta e prudentissima era, animosamente giurò che niuno di peccato l’aveva tocca, se non il suo marito e quel pazzo che v’era presente. Giurato che ebbe Filenia, i ministri della giustizia la condussero al serpe: al quale presentata la mano di Filenia in bocca, non le fece nocumento alcuno; perciò che aveva confessato il vero, che niuno altro di peccato, se non il marito ed il pazzo, tocca l’aveva. Veduto questo, il popolo ed i parenti, che erano venuti a vedere l’orrendo spettacolo, innocentissima la giudicorono, e gridavano che messer Erminione tal morte meritava, quale la donna patire doveva. Ma per che egli era nobile e di gran parentado e dei maggiori della cittá, non volse il podestá, come la giustizia permetteva, che fusse pubblicamente arso; ma pur, per non mancare del debito suo, lo condannò in una pregione: dove in breve spazio di tempo se ne morí. E cosí miseramente finí messer Erminione la sua rabbiosa gelosia, e la giovane da ignominiosa morte si disviluppò. Dopo non molti giorni Ippolito presala per sua legittima moglie, seco molti anni felicemente visse. —