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172 notte quarta

dove starò fin a tanto che saranno ispediti. E perchè in casa non ho persona di cui fidare mi possa, per essere alle mani di servitori e fantesche, de’ quali non mi assicuro molto, io vorrei, tuttavia se vi è a piacere, deporre appresso voi una mia arca piena delle piú care cose che io mi trovi avere. — Messer Erminione, non avedendosi della malizia del scolare, li rispose che era contento: e acciò che la fusse piú sicura, la metterebbe nella camera dove egli dormiva. Di che lo scolaro li rese quelle grazie le quali egli seppe e puote le maggiori: promettendoli di tal servigio tenere perpetua memoria; ed appresso questo sommamente lo pregò che si dignasse di andare fino alla casa sua per mostrargli quelle cose che nell’arca aveva riservate. Andatosene adunque messer Erminione alla casa d’Ippolito, egli vi dimostrò un’arca piena di vestimenti di gioie e di collane di non poco valore. Indi chiamò un de’ suoi serventi; e dimostratolo a messer Erminione, li disse: — Ogni volta, messer Erminione, che questo mio servente verrá a tor l’arca, prestaretegli quella fede, come se egli fusse la persona nostra. — Partitosi messer Erminione, Ippolito si pose nell’altra arca che era simile a quella delle vestimenta e gioie; e chiusosi dentro, ordinò al servente che la portasse lá dove egli sapeva. Il servente, che del fatto era consapevole, ubidientissimo al suo patrone, chiamò uno bastaggio; e messagliela in su le spalle, la recò nella torre dove era la camera in cui messer Erminione la notte con la moglie dormiva.

Era messer Erminione uno de’ primai della cittá; e per esser uomo ricco molto e assai potente, gli avenne che per l’autoritá ch’egli teneva li fu bisogno contra la sua voglia di andare per alquanti giorni fino ad uno luogo addimandato Porto Pireo, lontano per spazio de venti stadi dalla cittá d’Atene, per assettare certe liti e differenze che tra’ cittadini e quelli del contado vertivano. Partitosi adunque messer Erminione mal contento per la gelosia che dí e notte lo premeva, ed avendo il giovane nell’arca chiuso piú volte udito la bella donna gemere, rammaricarsi e piangere, maladicendo la sua dura sorte, e l’ora, e ’l punto che ella si maritò in colui che era distruttore della