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FAVOLA V.

Isotta, moglie di Lucaferro di Albani da Bergomo, credendo con astuzia gabbare Travaglino, vaccaro d’Emilliano suo fratello, per farlo parer bugiardo, perde il poder del marito, e torna a casa con la testa di un toro dalle corna dorate tutta vergognata.

[Eritrea.]

È tanta la forza della infallibile veritá, che, secondo che manifesta la divina scrittura, piú facil cosa sarebbe che ’l cielo e la terra finisse, che la veritá mancasse. E di tanto privilegio è la veritá, secondo che scriveno i savi del mondo, che ella del tempo, e non il tempo di lei trionfa. E si come l’oglio posto nel vase sta sopra de l’acqua, cosí la veritá sta sopra la bugia. Nè debbe alcuno di questo mio cominciamento prendere ammirazione, perciò che io il fei mossa dalla sceleragine di una malvagia femina: la quale, credendosi con sue false lusinghe inducere un povero giovane a dir la bugia, lo indusse a dir la veritá, ed ella come trista femina svergognata rimase: sí come vi racconterò con questa mia favola, la quale spero che a tempo e luogo vi sará piú tosto profittevole che dannosa.

In Bergomo, valorose donne, cittá della Lombardia, fu non è giá gran tempo, un uomo ricco e potente, il cui nome era Pietromaria di Albani. Costui aveva duo figliuoli: l’uno de’ quali Emilliano, l’altro Lucaferro si chiamava. Appresso questo, egli aveva duo poderi, dalla cittá non molto lontani: de’ quai l’uno chiamavasi Ghorém, e l’altro Pedrénch. I duo fratelli, cioè Emiliano e Lucaferro, morto Pietromaria suo padre, tra loro divisero i poderi; ed a Emilliano per sorte toccò Pedrénch, ed a Lucaferro Ghorém. Aveva Emiliano un bellissimo gregge di pecore ed uno armento di vivaci giuvenchi ed una mandra di fruttifere vacche: de’ quali era mandriale Travaglino, uomo