Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. I, 1927 – BEIC 1930099.djvu/125


favola seconda 119

da gli occhi continovamente spargeva, voltatosi a lui, disse: — Deh, patrone, che hai tu che sí passionato ed addolorato ti veggio? — Il giovane tuttavia piangendo e fortemente sospirando li raccontò dal principio sino alla fine ciò che dal soldano gli era commesso. Ma il cavallo, crollando il capo e facendo segno di risa, lo confortò alquanto, dicendogli che nulla temesse: perciò che ogni cosa gli verrebbe a bene. Indi li disse: — Torna al soldano, e digli che egli ti faccia una patente lettera direttiva al suo general capitano che ora all’assedio di Damasco si trova: commettendogli con espresso comandamento che tantosto che veduta e letta avrá la patente, sigillata del suo maggior sigillo, dall’assedio si rimova: dandoti danari, vestimenta ed arme, acciò che alla magnanima impresa animosamente andar tu possi. E se per aventura di viaggio persona over animal alcuno, di qualunque condizione esser si voglia, ti chiedesse servigio alcuno, fa che tu lo servi: nè per quanto hai tu cara la vita tua, cosa che t’addimandi le negherai. E se uomo alcuno comperare mi volesse, dilli che me venderai: addimandandoli però prezzo ingordo, acciò che dal mercato si rimova. Ma se fussero donne che mi volessero, faralli tutti quelli piaceri che far si puotono, lasciandole la libertá di toccarmi il capo, la fronte, gli occhi, l’orecchie, le groppe e ciò che le sará a grado; perciò che, senza farlo oltraggio e noia alcuna, lascerommi maneggiare. — Il giovanetto tutto allegro ritornò al soldano, e chieseli la patente lettera e ciò che ’l fatato cavallo ricordato gli aveva. Ed ottenuto il tutto, montò sopra il detto cavallo e verso Damasco prese il cammino: non senza però grandissima allegrezza de’ mamalucchi e schiavi, i quali per l’ardente invidia ed estremo odio che li portavano, tenevano per certo che piú vivo al Cairo tornar non dovesse.

Or avendo piú e piú giorni Lavoretto cavalcato, giunse ad un’acqua, alla sponda della quale nell’estremitá era un fetore che da non so che causava, che quasi approssimare non si poteva: ed ivi un pesce semimorto giaceva. Il pesce, veduto che ebbe il giovanetto, li disse: — Deh, gentil cavaliere,