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104 notte terza

nasce da be’ vostri occhi un tal splendore,
ch’apertamente veggio il paradiso.
Cosí consenton dopo il desir mio,
le lagrime, i sospir che ’n vano spargo,
e l’immenso e celato mio martire,
ch’io corro a quell’estremo ultimo vargo,
che fa sovente che me stesso oblio,
e fammi l’alma tant’alto salire,
che ’n voi veggio per sorte
servata la mia vita e la mia morte.

Dapoi che Lauretta con le compagne dimostrò col tacere la sua canzone esser giunta al fine, la signora, nel chiaro viso di Cateruzza guardando, disse che alle favole della presente notte desse cominciamento. La quale, arrossita alquanto e poscia sorridendo un poco, cominciò in questa guisa: