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Essi ventiquattro avevano pure nominata una commissione di dieci1.

Allora le due Commissioni veneta e lombarda corrisposero insieme direttamente.

Per mettersi d’accordo, locchè difficilmente si ottiene con il carteggio, si convenne in Verona. Questo accordo era indispensabile. Esso era desiderato da tutte le parti. Esso era indicato come tale anche dal Governo delle provincie venete. In pendenza di questo accordo piovevano le domande di prenotazioni di azioni. Esse erano precoci, come fu detto; ma non facevano torto a nessuno, limitate come erano a semplici desiderii che venivano registrate come tali, senza darvi risposta alcuna, la quale non poteva essere data. Esse servivano di attestato del comun desiderio nel momento che i Deputati Veneti insieme coi lombardi che vi si unirono, trovavansi a Vienna ad implorare il privilegio, e il permesso di formare una società.

Nella conferenza di Verona tenuta agli ultimi di maggio 1836, ebbe luogo l’accordo fra i fondatori Veneti e lombardi. Essi non hanno però voluto rendere irrevocabile quell’atto. Ciò sarebbe stato follia, mentre potevano cangiare le circostanze, e mentre non era fermo in modo alcuno lo stato dell’affare, giacchè pendevano ancora a Vienna le domande.

D’altronde quest’atto non poteva e non può interessare che i trentaquattro socii fondatori che n’erano i soli contraenti.

La Camera di commercio di Venezia partecipò al Governo ch’era seguito in Verona questo accordo tanto inculcato, perlocchè i Veneti dovevano essere riconosciuti al pari dei Lombardi, e li raccomandava al suo patrocinio.

Dietro di ciò il Governo di Venezia riconobbe la Commissione veneta, come quella lombarda era stata riconosciuta dal suo Governo. Il tempo passava, molte erano le speranze, ma niente era ancora deciso a Vienna; pure le domande di prenotazione di azioni si facevano sempre più numerose.

Questi optanti chiedevano almeno un riscontro, giacchè neppure un riscontro di aver prodotto la domanda, erasi dato loro. Queste istanze furono appagate con una circolare del dicembre 1836 della Commissione veneta fondatrice in questa qualità.

Ad altri posteriormente insinuatisi cui non erasi diretta la prima circolare e che chiedevano pure un riscontro, fu rescritto in febbraio 1837 che le loro domande erano iscritte in un registro di seconda classe. Non fu preso alcun impegno relativamente a questa seconda classe, poichè la Commissione non ha mai voluto prendere impegno alcuno, nè poteva prenderne.

Questi optanti potranno essere presi in considerazione dalla Società, se lo crederà opportuno. Essi avranno, o no azioni, e quante crederà la Società di accordarne.

Nel febbraio stesso Sua Maestà si è degnata di accedere alle istanze dei Deputati dei fondatori in Vienna, i quali chiedevano che se non erano per avventura maturi gli studii per la concessione definitiva del privilegio, e del relativo permesso

  1. Li signori: Giuseppe Maria Poggi, Antonio Carmagnola, Luigi Francesco Seufferheld, Francesco Decio, Paolo Battaglia, Giandomenico Carones, Gaspare Porta, Carlo Edoardo Pasteur, Francesco Galli, Reymond Amì.