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dola di portare al Governo la loro domanda di permesso di fondare a tal uopo una società in accomàndita. Il Governo rispose alla Camera che avea patrocinata la domanda, non occorrere permesso per una società in accomàndita, com’è vero infatti.

Ma nell’atto di rispondere così, il Governo soggiunse di desiderare che la Camera lo tenesse a giorno dell’ulterior andamento di quello interessantissimo progetto.

Ecco la ragione dell’intervento della Camera. Esso tu un intervento puramente di patrocinio. Essa nominò una commissione di cinque 1, onde studiasse il progetto, sentito il progettista, e ne facesse rapporto alla Camera, la quale, trovatolo utile, avrebbe perorato in suo favore. La Commissione affrettò i suoi studii: ma credette necessario anche prima di approfondarli, che fosse domandato il privilegio, onde nel frattempo non essere prevenuti da altri progettisti di questa strada, o di altre strade nel Regno.

Si noti che i membri di quella Commissione ebbero cura di fare che il progettista rinunziasse a domandare il privilegio per sè, promettendogli un premio in azioni onorarie.

Ma il Governo, cui la Camera portò questa domanda di privilegio, la trovò intempestiva, e promise di prestarsi tosto che vi sia una rappresentanza morale che prenda parte diretta nel progetto.

La Commissione infatti non era che studente.

La Commissione dei Cinque fece in seguito un minuto rapporto, che esaminava diligentemente il progetto, e propose alla Camera, che nominasse una commissione, la quale ne promovesse la esecuzione in concorso coi Milanesi.

La Camera nostra ne fece a quella di Milano l’invito.

Furono chieste spiegazioni e modificazioni, e si convenne nel principio, che l’intervento delle Camere non può essere che di protezione. Frattanto sollecitata dalla Commissione dei Cinque, la Camera di Venezia nominò quella de’ Dieci 2, ed aperse una sottoscrizione per 60 mila lire di spese primordiali, ossia per la metà di esse, riservando l’altra ai Lombardi, e lo partecipò alla Camera di Milano. Questi Dieci temendo sempre un pregiudizio in ogni ritardo, presero sopra di sè, e la metà delle 60 mila lire, e d’inviare in loro nome due deputati a Vienna per domandare il privilegio.

Ciò fu in aprile 1836. In aprile stesso la Camera di Milano partecipò a quella di Venezia che 24 principali negozianti 3 accogliendo la proposta intrapresa, assumevano pure la spesa della metà delle 60 mila lire, ritenendo sè stessi e i dieci sovventori veneti come socii fondatori, e tali dichiarandosi.

  1. Li signori: Giuseppe Reali, Federico Oexle, Francesco Zucchelli, cav. Antonio Faccanoni, Lazzaro Sacerdoti.
  2. Li signori: Giuseppe Reali, Federico Oexle, Lazzaro Sacerdoti, Francesco Zucchelli, cav. Antonio Faccanoni, cav. Marc’Antonio Zannona, nob. Giovanni Papadopoli, Giacomo Treves nob. de’ Bonfili, Pietro Bigaglia, Emanuele Melichi.
  3. Li signori: Domenico Celesia, Giuseppe Maria Poggi, Gaspare Porta, Carlo Edoardo Pasteur, Luigi Francesco Seufferheld, Antonio Carmagnola, Francesco Decio, Paolo Battaglia, Uboldi e Brunati, Antonio Pettinati, Enrico Mylius, Reymond Amì, Giandomenico Carones, Fratelli Vallaperta, Giovambattista Ravasco, Cristoforo Mangiagalli, Azimonti e Comp., Francesco Galli, Innocente Mangilli, Thomas e Comp., G.M. Decio, Carlo Martin, Domenico Cavalli, Antonio Fontana.