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— Vostro padre mi accorderà la sua amicizia, Grazia, posso io sperare che voi mi accorderete la vostra?
— Da questo momento io ho dell’amicizia per voi, James.
— Ma, Grazia, voi sapete cosa voglio dire, aggiunse James levando gli occhi verso la cima del pomo.
— Ebbene! io desidero che voi vi atteniate al senso delle mie parole, tenendovi lontano da tutte le interpretazioni forzate o immaginarie.
— Oh! senza dubbio, disse James d’un’aria d’intelligenza colla sua amabile interlocutrice, e come dice mamma Sally, quando l’affare è accomodato a che serve il cicaleggio?
A queste ultime parole, il passo di papà Tim si fece intendere; James cavò tosto il suo flauto dalla saccoccia, ne giunse insieme le parti, poi lo riguardò con gravità ed esclamo, alzando gli occhi:
― Papà Tim, ecco il migliore flauto che io abbia giammai veduto.
― A me non piace menomamente il flauto, disse papà Tim, con voce agra.
― Veramente, voi mi stupite, giacchè io penso che questo istrumento sorpassi...
E senza darsi tempo di terminare la sua frase, l’ardente musicante approssimò il flauto alle sue labbra e cominciò ad eseguire una lunga serie di variazioni e di fioriture più o meno brillanti.
― Ecco! esclamò egli riguardando il suo ospite di un’aria di trionfo, dopo questo laborioso esercizio; che pensate intanto, papà Tim, della mia esecuzione?
Papà Tim, senza rispondere a tal questione si