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— Chi può mai essere? Tu hai ben pochi amici.

— Oh? Fu una delle mie stravaganti fantasie.

— Raccontami tal fantasia; Fiorenza.

— Ebbene! cugina, ricordi tu quella giovinetta pallida, a cui noi affidiamo lavori d’ago?

— Ecchè? la piccola Maria Stephens! che assurdità o Fiorenza. Ecco un’altra delle tue maníe di avola, — vestire delle poppottole per povere ragazze, far cappelli, e cucire bracche per tutti i scimiottelli di ragazzi della parocchia, ed ora, per coronar l’opera, ti salta il grillo di regalare quel giojello ad una cucitrice. Che volete che ne faccia de’ fiori gente tanto miserabile!

Proprio quello che ne faceva io stesso, rispose Fiorenza con calma. Non hai posto mente, che quella ragazza non viene mai qui senza osservare con molto interesse lo sbucciare delle gemme? Non ricordi come, jer l’altro mi chiese se le voleva permettere che la mamma sua venisse a vedere il mio rosajo, perchè sua madre ama di molto i fiori?

— Ma, Fiorenza, immagina soltanto l’idea di vedere questo delizioso rosajo posto su un tavolo ingombro di prosciutto, d’uova, di formaggio, di farina, e soffocato nella stanzuccia in cui mamma Stephens e la figlia attendono a fare il bucato, stirar la biancheria, cuci nare e che so io.

— Benissimo, Kate, e se anch ’ io fossi costretta a vivere in una cameretta, se mi toccasse come mamma Stephens e sua figlia fare il ranno, stirare, cucina re, come tu dici: se tutto il mio tempo fosse consacrato ad un penoso lavoro, e senz’altra vista dalla mia finestra che un muro in mattoni, od un viattolo fan-