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“Si suona, Kotterin, diss’io accorrete e introducete nella sala d’aspetto„ Kotterin corse premurosamente ma ad un tratto si ferma gittando volta a volta su tutte le porte dell’anticamera e su di me uno sguardo pieno di tristezza e d’imbarazzo.
“Alla porta verso strada„ le diss’io, segnandole la strada. Ma Kotterin in mezzo a molte porte, esitava, cercando di comprendere forse, in qual modo un campanello poteva suonare da sè solo. Senza aspettare che ella fosse venuta alla soluzione del problema, accorsi alla porta, ed aprii io stessa.
Avvicinandosi l’ora del pranzo, mandai ad avvisare in cucina che si preparasse a servirci: ma ad un tratto rissovenendomi con quali persone aveva a che fare per l’esecuzione de’ miei ordini, vi andai io stessa. Lo spettacolo che allora si offerse al mio sguardo confuse la mia immaginazione. Trovai lo spiedo in mezzo della cucina, e la cuoca gravemente seduta alla turca rimpetto, contemplando l’arrosto con aria così confusa come aveva l’istessa mattina. Io le spiegai di nuovo tutti i misteri intorno al modo di liberare l’arrosto infilzato, e l’aiutai a farlo scorrere in un gran tondo, il tutto senza disgrazie: solo, la vivanda era un po’ meno calda ch’io avrei bramato, a cagione della sventurata contemplazione della vecchia. Finalmente ci ponemmo a tavola, quando s’udì novellamente suonare alla porta della strada. Questa fiata Kotterin, che non aveva dimenticato la lezione testè avuta, risolse di distinguersi. Traversa una gran stanza che precedeva la cucina, corre alla porta, l’apre e ritornandosene colle persone che avevano suonato (erano tre o quattro si-