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Tutta la nostra piccola truppa assunse allora un’aria grave: noi facevamo ragione che un po’ più presto, un po’ più tardi dovevamo convenire ad amar la domenica, altrimenti guai a noi! Nell’avvicinarci a casa, ci venne veduta la nostra pingue, solida ed affaccendata zia Kezzy, che usciva di casa per sollecitarci a far ritorno.

Quante volte, sclamò, non vi ho già detto, o ragazzi, che non dovete rimanere fuori al sabbato quando il sole è tramontato? Non sapete voi che è come se già fosse festa, cattivi mobili che siete? Entrate tosto in casa, cattivacci, e non vedo fate replicar due volte.„

Tale era l’esordio che tutte le sere del sabbato zia Kezzy faceva a noi fanciulletti, ch’ella supponeva d’una caparbia naturale, da sprezzar follemente le ore del pomeriggio del salibato. Dopo cena, ci ordinavano di andar subito a letto, e di ben ricordarci che l’indomani era domenica, e che noi non dovevamo nè ridere nè trastullarci nella mattina. Con quanto rammarico Susanna non deponeva la sua bambola nell’armadio! Quanto dolore non provava ad intralasciare il lavoro d’un tappeto per la sua buona poppattola? E Guglielmo, e Giovanni, ed io? Era mestieri levarci di tasca i nostri ami, le fila per la pesca, le pallottole, ed ogni simile trastullo, che, nella mira di toglierci dalla tentazione, eran confidəti a zia Kezzy, che ce li doveva poi restituire, passato il giorno di festa.

Lo zio Finea era un uomo oltremodo esatto, e la domenica era il cardine su cui s’aggirava tutto il suo sistema religioso e morale. Tutto ciò che si riferiva a