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un sabbato che lentamente trascorrono, mentre noi, fanciulletti ancora, stavamo intenti a misurare la larghezza e profondità d’un ruscello di trotte, od a dar la caccia a qualche ghiro, ovvero a costruire dighe di terra nel largo del torrente. Il sole segue il suo corso, all’occaso e già più non manca che mezz’ora a scomparire dall’orizzonte. Infine l’ultimo raggio brilla in cielo, poi il disco è intieramente nascosto da non ammettere su tal proposito nè scetticismo, nè il minimo dubbio. A malincuore ritiriamo gli ami, raccogliam le reti, e muoviamo taciturni verso casa.

— Oh! Enrico, non vorresti tu che l’ore pomeridiane del sabbato fossero più lunghe? mi disse il piccolo Giovanni.

— Per fermo, disse il cugino Bill, giovinetto (di franche parole, non andrei in collera se la domenica non venisse che una volta sola all’anno.

— Oh! Bill, questo non va bene: io ne ho paura, disse la coscienziosa piccola Susanna, che, la bambola in braccio, ritornava da una visita.

— Io non ritiro la mia parola, disse Bill afferrando il panierino di Susanna e facendolo voltolar per l’aria; io non ho mai desiderato di restarmene ozioso, ed ecco perchè io odio la domenica.

— Odiar la domenica! oh! Bill, riprese Susanna. E zia Kezzy che asserisce essere il cielo un’eterna domenica; pensatevi!

— Io non ignoro che devo essere un po’ differente di quello che sono di presente, prima di potermene star assiso per sempre, disse Bill con voce un po’ meno alta, ed alquanto sconcertata, come se ammettesse a forza dell’asserzione di Susanna.„