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di gran turco, spingevano uno sguardo dorato attraverso le ingiallite foglie. I raggi del sole vibravano sui rubicondi grappoli d’una siepe di uvaspina che costeggiava la cinta; ed un fusto di acazia, specie di curiosità d’orticoltura, innalzavasi solitario e raggruppato in un’angolo del giardino.

Ma ci verrebbe meno lo spazio se ci prendesse voglia di enumerare tutte le ricchezze di Enos Taylor. Quel diacono era uno di quegli esseri necessarii, che senza avere in sè nulla di rimarchevole sono utili d’assai come anelli di catena nella società. Ben differente era la sua cognata, signora Abigaille Evetts, che alla morte della sposa del diacono, assunse le redini del governo della casa.

Quella signora divideva un’opinione professata da un gran numero di filosofi diceva, che per prosperare, gli affari di questo mondo esigevano una grande attenzione, e comechè non si dasse briga come quelli di sorvegliar l’universo, riparava quest’omissione spiegando un’attività senza confini nel dipartimento che erale confidato. Agli occhi suoi era ad evidenza necessario che ognuno fosse presto, ed agisse, lunedì perchè era il giorno del ranno, il martedì perchè era il giorno di stirare la biancheria; il mercoledì per cuocere il pane; il giovedì perchè vigilia del venerdì e non meno eccellenti ragioni aveva pel rimanente della settimana. Era su di lei che pesava l’impegno di ricordare a tutti gli abitanti della casa ciò che ognuno fra di loro doveva fare, dal principio alla fine dell’intiero periodo de’ sette giorni e disimpegnava con tanta solerzia quell’obbligo, che era ben