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con passo vacillante, con aspetto selvaggio e stupidito, che rivelava abitudini invecchiate di degradazione e di vizio. Chi avrebbe potuto in quell’uomo, doppiamente sventurato e come sposo, e come padre, riconoscere Edoardo Howard di que’ tempi in cui rifulgeva, in tutto la pompa della sua gioventù? Chi in quella donna curva ed invecchiata sotto il peso del dolore, avrebbe ravvisata la bella e brillante Augusta? Simili cambiamenti sono lungi dall’essere immaginarii. Chiedetene conto a tante anime afflitte, a tanti cuori dilaniati!

Augusta non aveva esitato a dividere col suo colpevole sposo tutte le vicissitudini del destino, ed a seguitarlo nelle terribili fasi della sua esistenza girovaga. Ogni speranza di pentimento erasi poco a poco svanita. Spettatrice di mille scene, testimone di mille diverbi, ne aveva sempre l’immagine innanzi gli occhi. Giacchè nella regione dell’ebrezza, non v’era via sicura; in essa van perduti l’elevazione dello spirito, la delicatezza, il gusto, la purità de’ sentimenti. È un suicidio morale, in cui resta sommerso tutto ad un tempo.

Chiunque si fosse abbattuto in Edoardo vacillante sulla via l’avrebbe con stupore udito gittare al vento qualche frase di classico autore, qualche squarcio di poesia, perduto nella sua mente, accompagnati da qualche incoerente proposizione della stupida gajezza dell’ebbro. Ma soffermandosi a contemplarlo allora nessun atto, nessuno sguardo poteva offerirti segni particolari che lo potesse far distinguere dall’ubbriaco il più abbietto ed il più degradato.