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che quelle buone genti tutti senza eccezione si fossero accordati, per morire dell’istessa morte della morte cagionata dalla tarda età.
Questa legge istessa dell’immutabilità s’applica così bene alle persone, alle cose. Qui scorgo una casa rossa, là una bruna, e attraversando la strada principale del villaggio, veggo una casa gialla; tutte separate fra loro o da siepe, o da numerosi fusti di tasso. Sempre al medesimo luogo il presbitero è l’abitazione del signor Moses, e come da gran tempo la casa del diacono Ludlon, riparati dalla collina. Da quel lato o presso il cammino trasversale, riconosco la casa de’ signori Nadab e Abihu Peters. Poco lungi la dimora del vecchio Smith, a due passi della capella, sull’angolo sta il calzolaio Ebenezer Camp; rimpetto al magazzeno di mode di Pazienza Mosely ed a fianco del bazar, di Comfort Scran, che vende scuri, falci, ditali di rame, liquirizia, fazzoletti di fantasia ed ogni sorta d’articoli immaginabili. Avvi colà il grande ufficio di posta, ove di leggeri si ponno rimarcare a mezzo di una piega inimitabile la maggior parte delle lettere suggellate con un ditale, e la cui firma è posta all’incontrario. Quelle lettere sono invariabilmente indirizzate ai Dollys, Pollys, Peters, e Mosesses, qui sopra nominati o non nominati.
Ora due parole sui costumi, sulle abitudini, sulle arti e scienze, e su tutto ciò che spetta agli abitatori di Newbury. Alle tre pomeridiane fanno visite, formano assemblee, per restituirsi alle loro case prima di notte. Alla sera del sabato, un’istante prima del tramonto del sole, son usi di fermare i loro lavori, e la