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86 Storia di una Capinera


Giuditta corse ad abbigliarsi saltellando e canterellando, e mi chiamò perchè la pettinassi. Ella ha magnifiche treccie castagne; e tutti i giorni, quando le sciolgo i capelli per pettinarla, penso al gran peccato che sarebbe se fossero condannati ad essere recisi come i miei. Però quel giorno ero così turbata che non riuscivo a nulla di bene. Feci e disfeci venti volte le sue treccie, ed ogni volta non ne rimaneva soddisfatta e le disfaceva con stizza. — Mio Dio, esclamò. Sembra che oggi tu lo faccia apposta! — Perdonami, sorella! le dissi, non ci ho colpa io! — No, è che probabilmente ti annoi a pettinarmi. — Oh, che dici mai, Giuditta? No, te lo giuro! Io faccio del mio meglio, risposi piangendo.... — Ella è buona infine, la mia cara sorella. Mi guardò sorpresa, si strinse nelle spalle, mi tolse il pettine dalle mani e mi disse: — Via, non c’è poi ragion di piangere.