lungo la collina al nord-est di Torino, alla distanza
d’un miglio, un molino chiamato delle catene. Presso
al medesimo rizzavasi un pilone o tabernacolo sul
quale era dipinta la Vergine SS. annunziata dall’angelo.
Nel dì 29 d’aprile di quell’anno moveasi
a quella volta con un sacco di grano da macinare,
una Margarita Molar, moglie d’Alessandro, calzolaio,
e con una sua figliastra d’undici anni, e dello
stesso nome. Giunta la madre innanzi al pilone, salutò
con un’ardente giaculatoria la diva imagine. Entrata
poi nel molino, e posto il gran nella macina, si
fermò appoggiata col gomito al recipiente della farina,
mentre la figlia, spinta da pueril vaghezza,
spinse una porlicella, che s’apriva accanto alia
ruota, e s’inoltrò sul ponte che d’una breve tavola
si componeva, senza nissun parapetto. Ma sdrucciolando
sull’umido legno cadde nel sottoposto vortice.
Alzarono lamentevoli grida la madre e il mugnaio
chiamando soccorso. Ma erasi l’infelice ragazza
impegnata nella ruota, che tre volte l’alzò ed altrettante
la rituffò nell’onde, in guisa che tutti la
giudicarono stritolala e perduta. Non disperò la
madre, e nel fallire d’ogni umano soccorso, si confidò
del divino, e alla Vergine del Pilone prostrandosi
le chiedette, con quel fervoroso entusiasmo che spira
la fede, le restituisse la figlia. Frattanto v’era calca
di gente, e chi cercava da un lato e chi dall’altro,
e niuno trovava l’infelice sommersa nel fiume rapido
e vorticoso, e per la stagione notevolmente