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capo quinto 95

lungo la collina al nord-est di Torino, alla distanza d’un miglio, un molino chiamato delle catene. Presso al medesimo rizzavasi un pilone o tabernacolo sul quale era dipinta la Vergine SS. annunziata dall’angelo. Nel dì 29 d’aprile di quell’anno moveasi a quella volta con un sacco di grano da macinare, una Margarita Molar, moglie d’Alessandro, calzolaio, e con una sua figliastra d’undici anni, e dello stesso nome. Giunta la madre innanzi al pilone, salutò con un’ardente giaculatoria la diva imagine. Entrata poi nel molino, e posto il gran nella macina, si fermò appoggiata col gomito al recipiente della farina, mentre la figlia, spinta da pueril vaghezza, spinse una porlicella, che s’apriva accanto alia ruota, e s’inoltrò sul ponte che d’una breve tavola si componeva, senza nissun parapetto. Ma sdrucciolando sull’umido legno cadde nel sottoposto vortice. Alzarono lamentevoli grida la madre e il mugnaio chiamando soccorso. Ma erasi l’infelice ragazza impegnata nella ruota, che tre volte l’alzò ed altrettante la rituffò nell’onde, in guisa che tutti la giudicarono stritolala e perduta. Non disperò la madre, e nel fallire d’ogni umano soccorso, si confidò del divino, e alla Vergine del Pilone prostrandosi le chiedette, con quel fervoroso entusiasmo che spira la fede, le restituisse la figlia. Frattanto v’era calca di gente, e chi cercava da un lato e chi dall’altro, e niuno trovava l’infelice sommersa nel fiume rapido e vorticoso, e per la stagione notevolmente