Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/92

88 libro primo

da lungo tempo era travagliato da una labe polmonare, per cui sempre era stato pallidissimo e debolissimo, asmatico e melanconico. Avea sei anni, e come accade ne’ fanciulli di tempera più debole nel fisico, l’intelletto era svolto più assai che non comportasse l’età; lord Fielding, ambasciador d’Ingilterra, si compiaceva infinitamente della sua tenera affabilità. Preso dal male, disse a Carlo Emmanuele suo minor fratello: Pigliati pur la corona, che io ho finito di regnare.

Moribondo si fece dare il crocifisso: dopo d’averlo baciato finì la vita in queste parole: ora sono contento di morire. Durante la malattia fu cresimato dal nunzio Caffarelli, e gli fu recata a baciare l’insigne reliquia della SS. Sindone dall’abate Scoto, primo elemosiniere, accompagnato dal nunzio e dall’arcivescovo.11

I lavori del Valentino, interrotti dalla guerra civile, furono ripigliati e continuati molti anni.

Dal 1646 al 1649, Alessandro Casella stuccò la camera dei gigli e delle rose; il soffitto della stanza della caccia, e di quella del negocio (del commercio) eia stanza della munificenza.12 Oltre alle camere summentovate trovo memoria d’una camera de’ pianeti, di un teatro, d’un gioco del maglio, e d’un infernetto cavato dal sergente Lorenzo Manuel coll’aiuto d’altri suoi compagni minatori. Le ardesie che coprono il tetto si fecero venir di Moriana.