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740 | libro sesto |
di S. Giovanni di Dio fondarono quasi lutti gli spedali, e conservarono lo spirito del loro instituto. A Torino pare che dopo la metà del secolo xviii il loro ministero più non riuscisse di pubblica soddisfazione, poichè Carlo Emmanuele iii li congedò, abolì lo spedale, e die la casa che occupavano a Rosa Govona.
Era questa una povera fanciulla di Mondovì, che ispirata dal Signore, e regolata dai consigli del venerabile padre Trona dell’Oratorio, avea nel 1742 ritirato in certe poche camere, in cui abitava, alcune figlie orfane, o nate di genitori che più non avean modo di nudrirle e di custodirle, indirizzandole nella via della pietà, e facendole applicare sì le une che le altre ai lavori, ai quali le conosceva più abili. Campavano le poverelle del prodotto di que’ lavori, giunto ad alcune poche limosine, che il detto padre Trona alle medesime procurava. Andossi mantenendo quell’opera così lodevolmente, che d’anno in anno crebbero le limosine, e crebbe il numero delle ricoverate a segno, che Rosa appigionò nel piano di Breo una casa capace di un gran numero di figlie, e nel 1752 cominciò a ritirare non solo fanciulle pericolanti, ma anche fanciulle già sviate e donne di cattiva fama, tenendole per altro in tre appartamenti separati.1
Rosa era agitata dal desiderio di propagare altrove un instituto, del quale avea colla sperienza di