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capo settimo 733

sentiva nelle dottrine politiche; non era punto men nobile e dilicata, scevra di rispetti umani e costante l’indole sua; ed avea di più maggior dolcezza di modi e copia di dottrina, senza comparazione, maggiore.

Ma la prepotenza dei tempi non permise che tale e tanto ingegno portasse frutti corrispondenti alla sua virtù; sebbene l’opera sua ed il suo consiglio abbiano giovato assai; e quando ambasciadore presso al direttorio ritardò (altro non potendo) la caduta della monarchia; e quando, rettore dell’università di Torino, prepose all’insegnamento uomini scelti tra i migliori per dottrina e per bontà di costumi, e riaperse con gran coraggio l’insegnamento teologico, mentre ancora passeggiavano trionfanti per le strade l’empietà e l’ateismo; e ricompensò molti di quelli che poco prima erano perseguitati e carcerati per la fede e la devozione ai loro legittimi re; e riaprì la cappella dell’università e vi deputò un sacro oratore (Sineo), dalle cui labbra pura ed eloquente, e piena di dolci attrattive scendea la sposizion del Vangelo; e quando, presidente capo di questa stessa università che ben poteva chiamar sua figlia, di nuove cattedre l’otteneva decorata d’Economia pubblica, d’Antichità, di Paleografia; e ne celebrava la centenaria fondazione con una esposizione di belle arti non mai qui per l’addietro veduta; e quando, ministro dell’interno, in men di due anni di ministero, preparava la riforma della legislazione, secondo il disegno di que’ codici