sostanza, e che per dargli mezzo di acquistarla onestamente,
essendo allora vacante l’ufficio di guardasigilli,
gli affidava la custodia de’ sigilli, e gliene
lasciava i proventi. Stimò quanto valeano annualmente
tali proventi, quanti anni si ricercavano per
raggranellare un capitale di qualche riguardo; poi
soggiunse: Non imaginatevi dopo ciò di diventare guardasigilli o gran cancelliere. Passato questo tempo, mio figlio vi darà un impiego di due migliaia di lire.
Bogino molte volte s’era inchinato ed aveva aperto
bocca per ringraziare il Re di tanta bontà. Ma questi
gli avea sempre imposto silenzio. Continuò Sua Maestà
dicendo, parergli conveniente che un ministro avesse
casa in Torino; ricordarsi che Bogino aveva uno zio
prete, che possedeva una casa, e che bisognava che
lo zio cedesse la casa al nipote. Rispose Bogino che
credeva che fosse intenzione dello zio di lasciargli,
quando morisse, la casa. Non basta, non basta, disse
il Re, voglio che ve la ceda subito; e suonato il campanello,
mandò a chiamare il prete. Venne il medesimo,
e il Re accarezzandolo gli disse: Voi avete un nipote che fa grande onore alla famiglia; io l’ho fatto primo consigliere di Stato e primo referendario, e mio figlio lo farà ministro. Ma conviene che anche i parenti facciano qualche cosa per lui. Voi sapete bene che vostro nipote non ha patrimonio. Vorrei che almeno si potesse dire che ha casa in Torino. Non intendiamo certamente che vi spogliate, come si