provvedimento sapea di violenza, o almeno di troppo
rigorosa giustizia, e che egli avrebbe addosso quasi
tutta la nobiltà dello Stato, la cui sostanza pericolava;
creò dapprima un magistrato straordinario, solito
mezzo d’ottener giustizie straordinarie; poi congedò
l’intero magistrato della Camera, e ne creò con novelli
ordini e giudici, per la gran parte nuovi, un altro, a
cui abbandonò la cognizione di quelle cause, che già
di sua natura gli apparteneva; e volendo minorare agli
avversarii i mezzi di difesa, pigliò uno de’ più famosi
tra gli avvocati provetti del foro torinese, Cotti, e
lo nominò avvocato generale; uno dei più distinti
fra gli avvocati giovani, Bogino, e lo deputò sostituito
del suo procurator generale. Bogino servì varii
anni in tale ufficio, e corrispose pienamente alla
aspettazione del Re, il quale rivolgendo già nell’animo
il pensiero d’abdicar la corona, e di ritirarsi
a far vita privata, e volendo, prima che ciò
seguisse, deputare ottimi ufficiali alle prime cariche
dello Stato, chiamò a sé l’avvocato Bogino, e gli
disse che era contento di lui, e che per dargliene
una prova lo avea nominato consigliere di Stato e
referendario; e volendo Bogino ringraziare, S. M. gli
accennò di tacere, e ripigliò: Primo consigliere di Stato e primo referendario. Gli disse quindi che
continuando a regolarsi bene perverrebbe col tempo
alla carica di ministro; ma che la convenienza
richiedeva che un ministro avesse una discreta