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696 | libro sesto |
corte di Torino, legò nel 1743 alla casa della Missione la sua libreria e parte del mobile che possedeva.3
L’umiltà di cui i Padri della Missione fanno specialissima professione, secondo lo spirito del santo loro fondatore, fino al punto che la regola non permette loro di difendere la propria congregazione quando fosse in loro presenza ingiustamente accusata o vilipesa, nascose con molto studio alla mondana celebrità molti uomini degnissimi d’ottenerla. Due soli pertanto ricorderò: l’uno è Giovanni Maino, il quale occupavasi un giorno in giardino, quando venne a cercarlo il re Vittorio Amedeo ii, e saputo dov’era, non volle che lo chiamassero, ma andò egli stesso a trovarlo, e domandatolo che cosa facesse: Maestà, rispose il missionario, attendo alla coltura d’alcune pianticelle. Lasciatele, replicò il re, ch’io voglio darvene a coltivare altre di maggior importanza, e sono i miei figli. Nè solo il volle Vittorio Amedeo ii educatore de’ principi reali, ma lo fe’ suo consigliere e confessore, e quando alcuni anni dopo, morto il signor Maino, egli si trovò avviluppato in gravi domestiche traversìe: Ahimè, fu udito esclamare, se il mio Maino fosse vissuto, avrebbe co’ salutari suoi consigli prevenuto tante avversità.4
L’altro è Michel Antonio Vacchetta, illustre esempio di santa ed operosa vita, del quale si ha la storia stampata.
La chiesa della Concezione è disegno del padre