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capo terzo 679

pittori del medio evo soleano raffigurare gli abitatori del cielo; ma essa, modesta e pudica, delle egregie sue forme perpetuamente si doleva come d’incentivi a libidine pe’ mondani, per cui, essendo in povero stato, le toccò sostenere fieri assalti, che superò con gran cuore, ora respingendo con indegnazione il seduttore, ora stando immobile cogli occhi a terra, umile e disdegnosa, senza degnare d’un guardo o d’una parola chi l’assaliva.

Fu maritata con Ignazio Rayna, padrone battiloro, giovane scapestrato che mandò a male ogni cosa, ond’essa colle due figlie fu ridotta alla miseria. Per giunta il Rayna era mattamente e bestialmente geloso, onde le conveniva sopportare strapazzi e percosse. Quando morì non v’era di che pagare la sepoltura. Lucia colla sua dote aprì una botteguccia di mercerie, e visse poveramente, ma onoratamente. Perdette le due figlie, l’una d’otto, l’altra di nove anni, le quali in sì egregia scuola tanto aveano profittato, che passarono cantando una il Regina coeli, l’altra il Salve regina. Lucia si può dir che campasse d’orazioni, di letture spirituali, di limosine, digiuni, flagellazioni, e d’altre buone opere, piucchè di cibo perpetuamente misero e scarso. S’addormentò nel Signore a due ore dopo mezzogiorno del 10 maggio 1768, e volle essere seppellita in ora bruciata, sicchè non vi fosse concorso. Fu obbedita, nè si die segno di campana. Vestita dell’abito francescano,