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capo quarto | 617 |
confusione, li ricreava, li confortava, dava l’adito alla speranza. Così potente era la sua influenza sui cuori, che dai primarii personaggi dello Stato fino a quegli sciagurati che espiavano sul patibolo i misfatti, tutti voleano confessarsi da lui. Quando correa qualche festività, dall’alba al meriggio, dalle prime ore pomeridiane fin verso la mezzanotte, egli stava confessando in chiesa, in camera, sempre paziente, sempre soave, sempre uguale col primo come coll’ultimo, senza precipitazione, senza affanno. Racconta lo scrittore della sua vita, testimonio oculare, che un giorno dopo d’aver confessalo in chiesa tutta la mattina, appena preso poco cibo, fu assediato in camera dai penitenti.
Il corridoio inferiore della casa della congregazione era pieno di penitenti; pieno il corridoio superiore. Una gran massa ve ne avea di stipati contro la porta della camera; il padre Prever era obbligato, uscendo un penitente, ad accompagnarlo perchè potesse trovar la via, e per farne entrar dentro un altro. Al suo comparire gridavano molti: misericordia; e per essere preferiti, posposto ogni rossore, gridavano: Padre, ascolti me che sono cinque, sette, vent’anni che non mi son confessato.
Padre Prever rimandava tutti consolati, e di tutti quasi i suoi penitenti sperava l’eterna salvezza, fuorchè d’alcuni che dell’opere spirituali credeano farsi velo e scala ad intenti mondani; di costoro,
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