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capo quarto | 611 |
leggiadria sono i puttini intagliati nelle tribune da Stefano Maria Clemente.
Nel terzo altare a destra di chi entra, che s’intitolava a San Lorenzo, eravi un bel quadro del Trevisani, trasportato poi nella prima cappella dalla medesima parte: ora si denomina dal beato Sebastiano Valfrè, e la tavola che rappresenta questo figliuolo dell’Oratorio torinese in gloria colla Vergine Santa, di cui tanto concorse a propagar la divozione, è del celebre Ferdinando Cavalieri.
Di questo eroe dell’Oratorio torinese, che primo dopo il santo fondatore Filippo meritò l’onor degli altari, si ha una copiosa vita stampata,5 che va per le mani d’ognuno; e ciò mi dispensa dall’esporre in questo luogo le eminenti virtù per cui tanto rilusse, e così utilmente influì colla parola non meno che coll’esempio sull’intera citta in fatto di religione e di costume. Dirò invece cosa poco nota, ma pur verissima; ed è l’apostolica libertà con cui, ricercato da Vittorio Amedeo ii, se sapesse indovinare la significazione di quell’antico motto della casa di Savoia FERT, su cui correano tante diverse interpretazioni, rispose che sì; ed interpretollo: Femina Erlt Ruina Tua. Il principe che aveva in somma venerazione il padre Valfrè, e che ben sapeva dove quelle parole andavano a ferire, replicò con maggior confusione che sdegno: Dunque per me non vi sarà salvezza? Sì, soggiunse il padre, ma le converrà