Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/565


capo primo 561

sindaco della confraternita il permesso d’entrare. Avutolo, comincia un soldato di giustizia a staccar la catena che inceppa il piò del paziente, poi lo accompagna appiè dell’altare, dove s’inginocchiano egli e l’esecutore. Questi a lui rivolto gli dice esser egli dalla giustizia destinato ad eseguirla sentenza; eseguirla, non per alcun odio che a ciò lo mova, ma per dovere, pregandolo di perdonargli. Il condannato risponde che gli perdona. L’esecutore rialzatosi gli lega le braccia e gli pone al collo il laccio, stato prima benedetto dal sacerdote. Allora si apre la finestra che da sul cortile della prigione, ove sono accolti i carcerati. Il paziente si congeda da loro, invitandoli a pigliar esempio da lui e ad emendarsi. Dopo ciò s’avvia il funebre corteggio; la compagnia col gonfalone, il carro cinto dai soldati di giustizia e dagli esecutori, e formato di due banchi lateralmente l’uno all’altro addossali, sovr’uno de’ quali siede il paziente, in mezzo a due sacerdoti; sull’altro il sindaco con altri confortatori muniti di cordiali.

Innanzi alla chiesa de’ Gesuiti ed alla Basilica il carro si ferma un istante onde il paziente riceva la benedizione dell’agonia. Finito il triste spettacolo, che sempre attira una quantità di popolo minuto, di borsaiuoli e di donne da partito, il sindaco della Misericordia sale sopra la scala del patibolo e taglia il capestro a cui è sospeso il giustiziato, mentre altri confratelli adagiano il cadavere nella bara e lo

Vol. II 71