sindaco della confraternita il permesso d’entrare.
Avutolo, comincia un soldato di giustizia a staccar
la catena che inceppa il piò del paziente, poi lo accompagna
appiè dell’altare, dove s’inginocchiano egli
e l’esecutore. Questi a lui rivolto gli dice esser egli
dalla giustizia destinato ad eseguirla sentenza; eseguirla,
non per alcun odio che a ciò lo mova, ma per
dovere, pregandolo di perdonargli. Il condannato
risponde che gli perdona. L’esecutore rialzatosi gli
lega le braccia e gli pone al collo il laccio, stato
prima benedetto dal sacerdote. Allora si apre la
finestra che da sul cortile della prigione, ove sono
accolti i carcerati. Il paziente si congeda da loro,
invitandoli a pigliar esempio da lui e ad emendarsi.
Dopo ciò s’avvia il funebre corteggio; la compagnia
col gonfalone, il carro cinto dai soldati di giustizia
e dagli esecutori, e formato di due banchi lateralmente
l’uno all’altro addossali, sovr’uno de’ quali
siede il paziente, in mezzo a due sacerdoti; sull’altro
il sindaco con altri confortatori muniti di cordiali.
Innanzi alla chiesa de’ Gesuiti ed alla Basilica il carro si ferma un istante onde il paziente riceva la benedizione dell’agonia. Finito il triste spettacolo, che sempre attira una quantità di popolo minuto, di borsaiuoli e di donne da partito, il sindaco della Misericordia sale sopra la scala del patibolo e taglia il capestro a cui è sospeso il giustiziato, mentre altri confratelli adagiano il cadavere nella bara e lo