Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/543


capo terzo 539


Questa chiesa, che fu ridotta di poi ad usi profani, è memorabile per aver accolta nascente la bella opera della mendicità istruita.

Felice Fontana, torinese, laico della congregazione dell’Oratorio, cominciò a radunare nei corridoi di San Filippo i ragazzi cenciosi e seminudi che giocavano, mendicavano, birboneggiavano, pericolavano per le vie; ad ammaestrarli nelle cose della fede; a procurar loro qualche soccorso ad imitazione di S. Giuseppe Calasanzio, di Giambattista De la Salle, ed altri santi. Quella pietosa cura fu gradita al pubblico, il quale l’aiutò coll’inesauribile sua beneficenza, al re Vittorio Amedeo iii, da cui venne approvata con R. patenti de’ 5 marzo 1776, ed allogata in giugno del 1778 nella chiesa di Sant’Antonio, donde si trasferì più lardi a Sta Pelagia. Il Fontana era un semplice mastro da muro che lavorava attorno alla fabbrica del convento di San Filippo. Entrato nella congregazione dell’Oratorio in qualità di fratello, si mostrò dotato di singoiar ingegno, di molto giudicio, e s’avanzò tanto nella pietà, che i primi dello Stato, e fra gli altri il venerabile cardinal delle Lanze, andavano spesso a trovarlo e a conversare con lui. Morì il 17 d’aprile del 1787.13

La chiesa di Sant’Antonio era situata nel sodo di mura che si vede a sinistra, entrando nel cortile della casa che ha sulla porta l’insegna della croce mauriziana. Nel giardino degli Antoniani fu eretto