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50 | libro primo |
di que’ tempi, esercitate non meno l’arte che l’invenzione; imperocchè erano que’ tempi sovranamente poetici, non, come i nostri, freddi, compassati, in cui non v’ha quasi più calore che pel guadagno; tempi in cui una certa lima morale tende a rispianar tutti gli angoli, a toglier tutto ciò che v’ha di risentito e di potente nel carattere, a renderci tutti lisci, lucidi, scorrevoli, uguali, come altrettanti esemplari d’una stessa stampa e d’un medesimo getto. Ma torniamo alla Vigna di Madama Reale.
Una camera era destinata alle piante, e là erano ritratte, secondo i miti Greci tanto leggiadri, tutte le trasformazioni con cui la pietà degli Dei avea temperato il dolore o l’error de’ mortali. Vedevasi la storia del Berecinzio pino, della quercia Dodonea, del moro Celso, dell’Apollineo lauro, e della tremula canna. Ciascun quadro era accompagnato da una moralità espressa in un verso solo. Sotto la favola di Siringa e del dio Pane era scritto:
Un’altra stanza era destinata a rappresentare le delizie
de’ fiori. In mezzo a quelle dipinte morbidezze
levavasi per ogni lato la parola di verità: