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capo terzo 529

al Vangelo, e d’esercitare ad un tempo un diritto ed un dovere sociale, procurando l’abolizione, non della povertà (che impossibile sarebbe), ma della mendicità, collo instituire ospizii, dove i poveri che possono lavorare, lavorino; e quei che non possono, sieno caritatevolmente nudriti.

Negli ultimi anni del regno d’Emmanuele Filiberto alcuni uomini principali della tanto benemerita, e tanto sapientemente e cristianamente operativa Compagnia di S. Paolo, congiuntisi con altri virtuosi cittadini, formarono una pia unione che intitolarono della Carità, e costr ussero una casa nel borgo di Po, presso al sito ove ora son le Rosine, che chiamarono Albergo di Carità, dove i mendichi inabili al lavoro fossero ospitati e pasciuti, e gli altri apprendesser quell’arte che meglio a ciascuno tornava. Quest’ultima parte fu per altro la sola che poterono per allora avviare, e si distinse poi col nome di Albergo di Virtù, e l’ospizio de’ non abili al lavoro, lo Spedale di Carità, rimase per qualche tempo nella condizione di desiderio e di progetto. Molte agiate ed industri famiglie milanesi erano venute ad abitar Torino, trattevi dal prudente e regolato governo di Emmanuele Filiberto,8 le quali avendo nella mente l’idea del vasto spedai di Milano, procuravano a tutto potere d’introdurre un simile stabilimento a Torino. Questo pensiero sorrideva pure a Carlo Emmanuele i, il quale fin

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