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494 | libro quarto |
nè a fare in me la menoma impressione. Perciò ricuso di rendervela al prezzo che mi offerite. Ma non posso ricusare alla mia bontà di continuarvene gli effetti. Voi ne avete veduto chiari segni in tutta la mia condotta, poichè ho mostrato di saper comandare alle mie passioni abbandonando alla giustizia la punizione dei vostri misfatti, alcuni dei quali erano d’un indole tanto rea contro di me che avrei potuto mancar di pazienza, e lasciarmi trasportare dall’ira, senza esserne biasimato. Voi sapete meglio di me quanto l’avreste meritato. Ma perchè sia noto al mondo ch’io sono superiore alle vostre offerte ed alle vostre offese, ricuso di nuovo i centomila scudi; e se voi ve ne siete servito per offendermi, non me ne voglio servire a perdonarvi... Vi fo dunque sortir di prigione, comandandovi un esilio perpetuo da’ miei Stati. »
Così vendicavasi delle offese Carlo Emmanuele ii, il quale scrivea poi al marchese di Pianezza, che fin da principio, quando si mostrava così risentito, e gli vietava di domandargli la grazia del Fleury, aveva in animo di governarsi a questo modo. Di ciò dava anche informazione al padre Graneri, Gesuita suo confidente, che allora si trovava a Roma, dicendogli: «Vi scrivo questo, padre mio, come ad uno de’ miei amici; ma anche più volonticri per che vi trovate a Roma, dove potrete ottenermi assoluzione della vanità che sento d’essere stato