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capo primo | 493 |
palazzo, la marchesa, fe’ trarre il Fleury nel castello, ordinò che la giustizia avesse il suo corso e vietò al marchese di San Trivier fratello di lui, e ad altri suoi attinenti, e specialmente al marchese di Pianezza, signore del sangue, di domandargli in alcun tempo la grazia di quell’indegno.
Il Senato avendo sollecitamente proceduto, con sentenza del 2 dicembre di quell’anno medesimo condannò a morte gli uccisori; e pei con altra sentenza del 21 giugno 1666, condannò il marchese di Fleury nella pena della galera perpetua solamente; perchè il mandato d’uccidere Cornavin non era stato formale ed assoluto, ma condizionale.
La crescente civiltà non aveva ancora abolita la turpe usanza, per cui talvolta il principe, disagiato sempre di moneta sonante, permetteva ai condannati di ricomprarsi per danaro da ogni pena. Quest’unica, e per la natura del caso, debolissima luce di speranza rimaneva al Fleury, il quale addì 17 d’ottobre scrisse un’umilissima lettera al duca, colla quale, confessando la propria iniquità, implorando grazia e misericordia, offeriva centomila scudi per ottenerla.
La risposta del duca è monumento d’animo veramente regio, degno d’essere conservato, e dice così:
« Voglio che voi sappiate che tutte le ricchezze del
mondo non potrebbero bastare a rendervi la libertà,