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capo sesto 453

maledico e fiero, si vendicherebbe con velenose rime dell’oltraggio; e la fama di Sua Altezza ne rimarrebbe in perpetuo diminuita. Questa nuova malvagità rattenne breve tempo il duca, il quale prosciolse il poeta, e lo restituì nella sua grazia; ma nel rendere i manoscritti, annullò il poema, causa d’un tanto errore. E il Marino sapendo che i soli uomini impeccabili hanno ragione di chieder principi impeccabili; che la menzogna e l’adulazione assediando costantemente gli accessi del trono, bisognerebbe ai monarchi una tempra angelica per non cader mai in errore; che ad ogni modo il principe si debbe amar come principio quando non si può amar come uomo; e che per difetti anche soprabbondanti dell’indole sua, Carlo Emmanuele non lasciava d’esser primo capitano e primo uomo di stato de’ suoi tempi pio, umano, affabile, letteralissimo, e dell’indipendenza italiana caldo amico e promotore efficace; Marini, dico, continuò ad amare ed onorare il duca e gli altri principi di Savoia, a cantarne le lodi, a riceverne tenerezze e segnalati favori.

« Non volle il Marini fermarsi sotto quel cielo dove F ombre erano creduli corpi, e le apparenze sostanze. » Così il Loredano, suo biografo, generalizzando, secondo il solito error di logica, un fatto particolare, anzi eccezionale. Il vero è che Marini andò a Parigi onde stamparvi l’Adone, che qui non avrebbe potuto stampare. Dedicò quel poema a Maria