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Accenna, come vediamo, l’iscrizione all’ingrandimento della città operato da Carlo Emmanuele i dal lato di mezzodì; e rammenta ancora il perpetuo combatter che fece per Ja propria indipendenza e per la libertà d’Italia contra gli Spagnuoli che l’occupavano, e contra i Francesi che voleano occuparla: dominazioni ambedue, ma più la spagnuola, non solo ingrate, ma fatali alla povera Italia, la quale avendo senno e forza, se avesse maggior unita e rinnovasse le virtù antiche da regger sé e gli altri, fu pur troppe volte costretta a lasciarsi suggere, e governare o sgovernare dagli stranieri.

La porta Nuova, chiamata allora Vittoria in onor dello sposo, imaginata in occasione di quell’ingresso, fu in sulle prime fatta di tele dipinte; ma tre anni dopo, con celerità di cui si rinnovò rade volte l’esempio, sorgea marmorea, secondo i disegni del conte Carlo Castellamonte. Più magnifica, ma di stile assai più licenzioso, era la porta di Po, d’ordine dorico, a forma d’un segmento di circolo con due angoli sporgenti e sei colonne. Sur un dado in cima alla medesima levavasi la statua di un guerriero, forse di S. Maurizio, colla bandiera di Savoia; allato a quello, sull’attico, il Po e la Dora versavano dall’urna la dovizia delle loro acque; e sui canti rizzavansi le statue di Pallade e di Mercurio, emblemi delle scienze e del commercio. Era disegno del P. Guarino Guarini Teatino. Vi si leggeva la