Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/439


capo sesto 435

maraviglia se alle tante cause che già davan luogo ad odiarlo, aggiuntasi la morte del misero Catalano fra lo squallore d’un carcere, la lunghezza del procedimento, l’ostinazione con cui Blancardi avea procurato di raccogliere ogni menomissimo indizio utile al fìsco, e il niun conto in che mostrava: tenere i leslimonii favorevoli all’accusato; non è maraviglia, dico, se le voci che gli amici del conte di Magliano avevano costantemente sparse, sulla supposta iniquità con cui si procedeva, si moltiplicarono allora e si rinforzarono al punto da piegare a qualche sospetto il retto animo del principe. Diffatto il duca ordinò che la visita del cadavere del conte Alfieri fosse fatta dal senator Leone e non dal Blancardi; poi comandò che gli atti del processo fossero dal medesimo senatore esaminati e parafrati a ciascun foglio; e die breve termine al Blancardi perchè pronunziasse la sentenza. Scrisse inoltre a qualche suo confidente che s’accorgeva come in quest’affare egli era stato tradito. Quanta alterazione pigliasse il Blancardi di tali inaspettati colpi è facile imaginarlo. Cercava udienza dal principe, ma non l’otteneva, onde riparavasi dal ministro delle finanze Giambastista Truchi che gli avea tenuto un figliuolo a battesimo, e lagnavasi in sue lettere: « ch’egli trovava tutte le porte chiuse: cieco, sordo e muto ogni nume — dichiarava che giustissimamente si poteva venir alla condanna della memoria del conte Alfieri, e che era stoltezza levar al