maraviglia se alle tante cause che già davan luogo
ad odiarlo, aggiuntasi la morte del misero Catalano
fra lo squallore d’un carcere, la lunghezza del procedimento,
l’ostinazione con cui Blancardi avea procurato
di raccogliere ogni menomissimo indizio utile al
fìsco, e il niun conto in che mostrava: tenere i leslimonii
favorevoli all’accusato; non è maraviglia, dico,
se le voci che gli amici del conte di Magliano avevano
costantemente sparse, sulla supposta iniquità con
cui si procedeva, si moltiplicarono allora e si rinforzarono
al punto da piegare a qualche sospetto il
retto animo del principe. Diffatto il duca ordinò che
la visita del cadavere del conte Alfieri fosse fatta dal
senator Leone e non dal Blancardi; poi comandò che
gli atti del processo fossero dal medesimo senatore
esaminati e parafrati a ciascun foglio; e die breve
termine al Blancardi perchè pronunziasse la sentenza.
Scrisse inoltre a qualche suo confidente che s’accorgeva
come in quest’affare egli era stato tradito.
Quanta alterazione pigliasse il Blancardi di tali
inaspettati colpi è facile imaginarlo. Cercava udienza
dal principe, ma non l’otteneva, onde riparavasi dal
ministro delle finanze Giambastista Truchi che gli
avea tenuto un figliuolo a battesimo, e lagnavasi in
sue lettere: « ch’egli trovava tutte le porte chiuse:
cieco, sordo e muto ogni nume — dichiarava che giustissimamente
si poteva venir alla condanna della
memoria del conte Alfieri, e che era stoltezza levar al