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capo sesto 419

che da tal confessione, non deriverebbe ad esso Castiglioni il menomo danno, rendendosene egli medesimo mallevadore. Il Castiglioni vinto dalle sue lusinghe così fece. Falsi testimonii compri dal Pasero ne corroborarono i detti. Il povero presidente era in Torino a letto travagliato da dolorosa podagra, quando vide entrar nella camera i soldati di giustizia, che ravvoltolo nelle sue coperte lo portarono pubblicamente a braccia nel castello e lo serrarono nella torre. Assai tempo vi giacque quella vittima della più nera macchinazione, finchè chiamata la causa, difeso da Ludovico Tesauro, riportò per sentenza del Senato compiuta vittoria, onde fu dal duca restituito con lettere patenti agli antichi onori ed al governo di Savigliano. Mentre col calunniato erasi proceduto con tanto rigore, col calunniatore s’adoprarono termini di gran riguardo. Andava dicendo il Pasero: ch’egli era scrittore di quel valore che tutti sapeano; che aveva in petto i più gelosi arcani dello Stato; che potea dare colle sue storie nobile e perpetua fama a’ suoi signori. Come se potesse essere storico uno che mancò sì bruttamente di fede: come se avesse qualche virtù una penna contaminata nell’orditura d’un libello; come se il principe potesse far caso d’una lode che non sorga spontanea dai fatti, che non sia data da chi dispensa con uguale bilancia anche la giusta