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capo sesto | 417 |
pigliava in facezia; ma il presidente rispondeva con un ghigno sardonico al riso del padrone.
Lasciossi aggirare dalle insidie del Pasero anche il cardinale Maurizio; e a suggestione di lui andò a far visita al Cauda sotto specie di onorarlo, ma in reallaper mostrare che la somma delle cose stava in lui, e che fino i principi gli si doveano umiliare; mezzo sicuro di rovinarlo. Ma Cauda vedendolo comparire gridò: Altezza, i miei nemici mi vogliono perduto; e andò subito a piangerne col duca, il quale lo consolò, e lo assicurò che la sua grazia non gli fallirebbe.
Pasero vedendo che il Cauda era di diamante, e che tutti i suoi colpi spuntavansi, rivolse le sue persecuzioni contro gli amici di lui.
Era governatore di Savigliano, sua patria, il presidente Ottavio Ruffino, vecchio e zelante ministro, stato già presidente delle Finanze. In quella città, e nel monastero di San Pietro avea stanza Valeriano Castiglioni, abate Benedittino, famoso storico, che per gli ufficii del Pasero era stato da Carlo Emmamiele i chiamato al suo servigio, e creato istoriografo ducale; ma che non aveva a gran pezza l’animo altresì bello come l’ingegno. Costui si lasciò persuadere
dal Pasero a scrivere un libello contra la nobiltà di Savigliano, per cui ebbe dal malvagio ministro parecchie minute e scandalose particolarità. Lo scrisse di suo pugno il Castiglioni, alterando il
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