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capo sesto 415


Nel 1654 serviva al duca Vittorio Amedeo i come primo segretario di Stato il commendatore Gian Tommaso Pasero, di natali, dice un contemporaneo, nè illustri, nè plebei, di professione dottor in leggi, nè ignorante, nè dotto, di temperamento tra bilioso e sanguigno, che lo rendeva d’ingegno astuto, spiritoso, attivo, facondo, con una vena di poesia; ma nelle passioni violento, vendicativo, simulato ed ugualmente lusinghiero e maledico, portando sempre il fiele nel cuore ed in bocca il riso.

Il duca, il quale amava i ministri quieti e sodi, non l’aveva in grazia, ma se ne serviva, perchè avea avuto le chiavi di molti segreti negozii al tempo di Carlo Emmanuele, e perchè aveva uno stile facile, nervoso, imaginoso, efficace, condito con termini legali appropriati, sicchè la penna del Pasero era detta volgarmente penna d’aquila.

A maggior grado di considerazione e di favore, che il Pasero, era salito il presidente Lelio Cauda, il quale, quando la pestilenza del 1630 volse in fuga tutte le podestà della capitale, che qua e la si dispersero, andato colla corte a Cherasco, sosteneva solo il peso del total reggimento, e senza l’aiuto del Senato e della Camera, e degli altri regii consigli, provvide con gran senno e gran fede a tutti gli emergenti, moltiplicandosi secondo il bisogno, e mostrandosi prudente, vigilante, indefesso, disinteressato. Il favore di questo ministro accese l’invidia