Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/40

Si è già osservato come da quella parte il corso delle mura era alquanto più indentro della linea che segna la strada di Sta Teresa, occupata dai bastioni, e che due porte davano da quel lato l’accesso a Torino, la Marmorea allo sbocco della via di S. Tommaso, la Nova poco oltre S. Martiniano. Carlo Emmanuele ampliò la città da quel lato, e costrusse a qualche distanza dalla città dieci isole nello spazio compreso tra il mercato delle legna e l’isolato della Madonna degli Angeli in elusivamente; e rinchiuse quell’ingrandimento con una zona di cinque bastioni, lasciando in piedi internamente il muro vecchio; oltre alle antiche porte che da quel lato davano l’accesso dalla città vecchia alla città nuova aprì, per mezzo alle isole che s’alzavano al meriggio di piazza Castello, una via ed una porta che si chiamarono via Nova e porta Nova. Tutto questo chiaro apparisce dai documenti, e meglio ancora si vede nelle carte che furono pubblicate nella guerra civile del 1640.2

Poscia, ai tempi della reggente Cristina, si unì, distrutto il muro, la città antica alla nuova mediante la vaghissima piazza di S. Carlo.

Il borgo di Po che protendevasi dalla porta del Castello, chiamata negli antichi tempi Fibellona, fin presso al fiume, nello spazio di cent’anni che eran corsi dopo la distruzione fattane dai Francesi erasi rifabbricato più bello di prima. Maria Cristina,