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364 libro terzo

mio, che se Meo ebbe l’appallo del lavoro non ne fu però architetto.

Diffatto risulta che quando ebbe l’allogazione dell’opera, la fabbrica era già cominciala, prometlendo tutti li denarii se sono spesi circha detta fabbrica excepto quelli degli scarpellini tenerli per receputi.

Appare da un altro capitolo che non era ancora determinato se la chiesa si reggerebbe per colonne o per pilastri: item promette murare tutti li conii anderanno in dieta chiesa et rizave colonne tutte a sue spese o vero far pilastri diligentemente lavorati dummodo se misure vodo per pieno, et non computarlo piuchè per muro come di sopra e detto intendendo dove solamente andavano le colone o vero pilastri dele doe nave, ecc.

Da questa maniera d’esprimersi cotanto indeterminata mi sembra provarsi ad evidenza che Meo del Caprino non ebbe nel duomo Torinese altra parte che l’opera di muratura, e che quando conchiuse il contratto non erano ancora ultimati, o definitivamente approvati tutti i disegni che certamente non ebbe Meo allora sott’occhio.

Del contratto fatto con gli scarpellini per li pilastri della chiesa e per la facciata non ho potuto trovare la menoma traccia. Avvi bensì ne’ protocolli dell’arcivescovado (xl. 113) una convenzione del 31 luglio 1498, con cui il Reverendo Eletto, cioè lo stesso Ludovico della Rovere, eletto l’anno prima