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306 | libro terzo |
messa, od a cercare il padre abate Dormiglia suo confessore. V’andava a piedi preceduto da due valletti, uno de’ quali con lanterna. Si confessava d’ordinario nella piccola sagrestia già riservata all’uso particolare dell’abate. Quando villeggiava alla Venaria, mandava a pigliar il confessore con carrozza tratta a sei muli bianchi; talvolta fu visto quel principe alla Consolata accostarsi alla sacra mensa confuso in mezzo alla calca del popolo. Vi venne, fra le altre volte, addì 24 di settembre del 1715, vigilia della sua partenza per Palermo, dove fu poi unto e coronato re di Sicilia. Vestiva quella mattina un giustacuore turchino coi bottoni d’oro. In sul giungere, dispensava ai poveri uno scudo bianco. Tornando al palazzo a piedi, incontrò presso Sant’Agostino il parroco che portava il Viatico ad una madama Soppena, s’unì al corteggio ed accompagnò divotamente il Santissimo.22
Si fu in una delle sue visite notturne alla Consolata, che avvertì ad un lume che vedea sempre ad uno di quelli abbaini che sorgono sui tetti delle case, e rischiarano l’umile abituro de’ poveri: e domandò chi vi abitasse e perchè vi fosse costantemente quel lume: gli fu risposto esser l’abitazione d’un povero giovane nizzardo teste laureato in leggi, che passava le notti a studiare. Vittorio volle conoscerlo, lo nominò sostituito avvocato de’ poveri; era il Caissotti: e quel povero studente diventò poi gran cancelliere.
Questo principe, quanto assoluto nelle sue volontà,