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capo ottavo 281

posteriore e risparmiare agli altri infermi un crudele spettacolo; e perchè si possa nella medesima guisa sottrarre ai poveri languenti la funebre vista del letto che racchiude le spoglie d’un trapassato. La carità non poteva essere più ingegnosa; e grande onor ne torna all’architetto Talucchi, il quale l’imaginò, ed agli amministratori che consentirono ad eseguirne il concetto, ancorché dispendioso, consapevoli che in fatto di pubblici monumenti bisogna cercar l’ottimo, e che per far molto bene vi vuol molta spesa; ma che al dispendio richiesto da tali instituti soccorre la Provvidenza che regola i cuori degli uomini e le ultime disposizioni di chi muore. E diffatto la generosità de’ benefattori s’accrebbe in proporzion del bisogno.

In questo spedale il re Carlo Alberto fondò ventiquattro letti per infermi od inferme travagliate da lebbra, pellagra, cancroide, ed altre malattie cutanee contagiose.

Una bella regola di questo spedale si è d’ammettere per quindici giorni alla mensa i risanati, già usciti, affinchè ben raffermata ne sia la convalescenza primachè tornino al cibo degli indigenti, con pericolo di ricadere, come accade pur troppo assai sovente in altri spedali. Perchè allora a che serve l’averli guariti?

Nell’altra via traversa, che s’intitola delle Scuole

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