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234 | libro secondo |
udiva le confessioni, portava il viatico agli ammalali, assisteva le notti intere ai moribondi; era instancabile nel consolar gli afflitti, consigliar i dubbiosi, soccorrere i poveri. Il papa, nel dargli il cappello, gli raccomandò solamente di perseverare nelle antiche virtù. Era di bello e degno sembiante, e d’inestimabile dignità nel compiere i sacri riti. Dopo d’aver raccolto l’ultimo spirito di Carlo Emanuele iii il 20 febbraio 1773, recossi presso al successore e rinunziò le cariche di grande elemosiniere e di cappellano maggiore, dicendogli che voleva d’allora in poi attendere unicamente alla propria santificazione. Cominciava così quel regno con non felici auspizi, colla dimession volontaria del cardinal delle Lanze, colla dimession data al conte Bogino.
Il convento del Carmine componevasi di oltre a venti sacerdoti, senza contare i novizi ed i laici.
La teologia che vi si insegnava era quella del gesuita Molina, noto per le controversie cui die luogo la sua dottrina sull’efficacia della grazia, discorde da quella del gran dottor S. Tommaso. La teoria del Molina ora abbandonata, o per lo meno modificata dalla stessa Compagnia di Gesù era allora vivamente anzi acremente da’ suoi fautori sostenuta e difesa.
E per ossequio a quell’alta mente che fu S. Tommaso, e per mantenere l’unita delle dottrine, i nostri principi avevano provveduto saviamente perchè le università dello Stato a quella unicamente s’attenessero.